30 Novembre

Nel centocinquantesimo dell’unità

Nel centocinquantesimo dell’unità

     Alcuni spunti di riflessione nella ricorrenza del centocinquantesimo dell’Unità italiana, che il nostro Istituto celebra in diverse fasi nel marzo 2011 – anche con le esperienze che abbiamo avuto e avremo nel mese in cui ricorre la data, e che speriamo si completino, oltre che con la lezione del prof. Rossi su Unità italiana e concerto europeo, anche con quella del prof. Guarracino su Gli scrittori rispetto al tema dell’Unità d’Italia. Spunti, appunti o poco più, per introdurre il tema della giornata del 18, e il secondo numero 2011 della nostra Rivista.
   Il film Noi credevamo, che abbiamo visto mercoledì 10 marzo, a detta degli storici attendibile nelle ricostruzioni,  illustra molto bene, attraverso un mezzo diverso, molto efficace e certo più immediato di un libro, l’argomento del processo unitario: tra l’altro il film mette in evidenza che il Cilento non è stato affatto marginale in questa fase della vicenda italiana.
   Ma vorrei mettere in evidenza che il titolo stesso invita a un taglio, a una prospettiva che è quella delle umane emozioni e passioni. Le passioni inducono gli uomini  credere e in questo caso la fede è quella politica. Salto molti passaggi, ma si potrebbero dimostrare le analogie tra una fede politica e una fede religiosa: in ogni caso è questo un motivo di riflessione – lo possiamo enunciare: la passione politica può portar a grandi effetti nella storia, alle rivoluzioni come alla nascita degli stati nazionali, ed è una forma di passione – direi di follia, di eros – molto nobile e antica.  
   Qualcuno ovviamente dirà che nella circostanza dell’Unità d’Italia, più che le passioni di quegli sventurati eroi, come Felice Orsini, e dei tantissimi giovani che per tutto l’Ottocento  hanno creduto, combattuto e perduto la vita, ha influito l’ambizione dinastica del Regno di Savoia, che, sul modello delle grandi monarchie europee, muovevano una grande intelligenza politica (Cavour), un esercito, molto denaro, e si combinavano con gli interessi di un ceto borghese abbastanza ben individuato e perveniva allo scopo. Sì, è così, ma anche quella annessionistico-dinastica si può vedere come una forma della passione politica, ancorché non sia precisamente un popolo a portarla.
   Il fatto è che il nome vero, a mio avviso, della questione dinastica, o della questione politica, è un altro.
   Per spiegarlo mi ricollego all’esperienza della prima sala del Rijksmuseum, da noi visitata il 15 marzo scorso ad Amsterdam. Là si celebra la formazione di una repubblica molto evoluta, diciamo, in anticipo sui tempi – cruciali i dipinti sul trattato di Münster nel 1648 ovvero Westfalia – dove i moventi che portano alla lotta feroce tra le Fiandre e poi le Provincie Unite e gli Spagnoli e loro alleati assumono insieme un colore religioso ed economico insieme: i calvinisti, ugonotti, ebrei, delle Sette Provincie, com’è noto grandi commercianti, contro lo strapotere, costellato di crudeltà religiosa e militare, della superpotenza dell’epoca, l’Impero.
   Ciò che queste figure trasmettono è l’orgoglio di una nazione – nel senso di: gente – piccola ma ricca di intraprendenza e potente nel denaro, sulla terra e per mare, per un periodo, a livello planetario: una gente che solo a rappresentarla chiama un nobile eminente come Guglielmo d’Orange ed altri alla testa della ribellione e del nuovo Stato. Ma, fermo restando che l’identità può essere data da una lingua, da una religione e anche da una diversa economia, anche queste sono passioni o motivi di passione e di emozione – e quindi moventi politici, nel caso.
   Sempre torna nel discorso politico la visita alla sede di Brussels del Parlamento Europeo, il 14 marzo. Anche rispetto al sorgere dell’Europa Unita vediamo in atto, tra grandi difficoltà, e pur nella distanza da una conclusione unitaria, almeno nel modo unitario  che vediamo in uno stato,  una passione politica – e difatti, come vi sono stati apostoli dell’unità d’Italia e delle Provincie Unite, così ve ne sono dell’unità europea.
   Ma è molto più evidente qui come non il sangue degli eroi e le guerre, bensì il movente di carattere economico e forse anche il buon senso e la stanchezza delle stragi delle guerre abbiano potuto  portare alla grande aggregazione attuale (27 stati). Si vedano le forme di solidarietà previste tra stati in difficoltà, attualmente anche poste in atto, e il bisogno di sicurezza; si veda anche il tirarsi fuori della Svizzera, nel cuore economico e geografico dell’Europa, e quanto possa avervi contribuito il calcolo dei vantaggi e degli svantaggi.
   A riprova del fatto che, in un processo politico, possa influire non tanto un impulso a carattere civile delle menti, quanto uno economico. Se questo possa o meno bastare, il tempo lo dirà.
   Ritorno con rispetto, come ogni volta mi avviene quando scorgo una passione autentica in cui ne va della vita degli uomini, al tema dell’unità italiana. 
   Si pensa che il proprio della storia sia il tempo. Cosa sia il tempo, la storia non lo sa, e non ne sappiamo quasi nulla, ma abbiamo solo descrizioni: se penso cosa sia il tempo, mi pare di sapere; se debbo dire cosa sia, non lo so più, si esprime così a un dipresso Agostino. Noi non possiamo concludere per il nulla, nel senso che, se l’istante continuamente trascorre, allora esso è niente, e tutto il tempo allora sarebbe niente; e invece dobbiamo credere a nostra volta, sebbene non abbiamo gli strumenti per spiegarlo, che tutto ciò che si manifesti nello spazio e nel tempo sia, e che ciò che è stato una volta sia sempre, e che la storia dei grandi giovani che due secoli fa hanno creduto e sono morti per le loro idee resti per noi, nel nostro presente, a titolo di esempio.
   A me par di vedere  oggi che le caotiche dinamiche della formazione e della distruzione  degli stati, studiate tra l’altro dallo storico, abbiano un forte colore di passione e di emozione, come ho detto; ma, se questo è il rapporto tra passioni umane e storia, e il proprio della storia è il tempo, allora la domanda, lo spunto che vi indico per non concludere è: quale rapporto noi possiamo immaginare tra passioni e tempo, essenza delle une e dell’altro, tra passionalità e temporalità?

Letto 1458 volte Ultima modifica il Lunedì, 05 Giugno 2017 15:50