27 Novembre

Per un'etica delle passioni

Benevento, 26 novembre 2014 
La mia filosofia, le filosofie: per un’etica delle passioni 
Relazione e discussione di Carlo Di Legge 

0. Filosofia in prima o in terza persona? La domanda etica è, per tradizione: che fare? Chiunque si pone in modo personale a formulare una risposta alla domanda, guardando se stesso, ma anche deve porsi il problema se la propria risposta possa essere condivisa. In tal senso l’etica è anche etica della relazione: a se stessi, agli altri e alle cose. La filosofia è filosofia in prima e non solo in terza persona (cioè personale/ impersonale): fare filosofia non può prescindere da chi fa la filosofia. Ma, certo, non deve neanche fermarvisi, garantendo una buona circolarità tra le persone in cui la filosofia parla. 
1. Il concetto di potenza come possibilità e le strutture significative per l’esistenza. 
1.1 Come descrivere l’esistenza nel modo dinamico che le è proprio? Il concetto di potenza può servire: la potenza coincide in primo luogo con la possibilità. Ciò risulta anche in Aristotele; ma anche trovo un adeguato concetto di possibilità in Platone come il poter fare o poter subire (Sofista, 247e: “l’ente non è altro che possibilità … di fare o di subire …”). 
1.2 Spinoza: il corpo coincide con la mente, nella psicofisica della res extensa e res cogitans; l’intuizione del parallelismo prelude a una versione del circolo, oggi al punto delle neuroscienze. Mi soffermo anche sul connesso concetto spinoziano (che a me sembra si possa ben conciliare con una visione che oggi diremmo biologica dell’uomo) di conatus o sforzo: natura dell’uomo è la sua potenza come tendenza a conservare e accrescere se stessi (che somiglia alla “volontà di vivere” in Schopenhauer, rilevata anche oggi dal neuroscienziato A. Damasio: all’interno di ogni singola cellula eucariotica di ogni organismo!). Come si traduce oggi il concetto spinoziano di potenza o natura come unità psicofi-sica dell’uomo? Il discorso si può articolare a tre livelli che sono insieme: a. Il livello dell’individuazione e del Sé; b. Il livello della mente o della psiche come descritta dalle psicologie (v. la descrizione da parte di Matte Blanco del continuum (o anche circolo) emozione-logos); c. Il livello biologico come anche descritto nelle neuroscienze.. Perché, al di fuori del parallelismo spinoziano, l’intuizione di Spinoza funziona, ritorna in A. Damasio come con le psicologie del profondo: la mente è embodied, niente corpo niente mente; 
1.3 Ma, a livello significativo per l’uomo, la potenza è la personalità. Che dire della struttura della personalità, significativa per l’esistenza? La personalità considerata ai tre livelli prima distinti è significativa come struttura di passioni, affetti, emozioni – e di ciò che chiamo lògos. 
1.3.1 Spinoza: nell’impostazione razionalistica, comunque in certo grado tradotta ancora di recente (psicoanalisi, Freud), si giustifica la differenza tra affetto (l’affetto consapevole si fa conoscenza: io sono causa adeguata dell’affetto o affezione che aumenta la mia potenza – e passione (io sono causa inadeguata dell’affezione o passione) e la conseguente differenza tra l’agire libero ovvero in conformità alla mia natura e l’agire essendo costretto da altro; 
1.3.2 Nietzsche: l’esame di me stesso mi dà la visione di una reggenza degli affetti; 
1.3.3 a proposito del tema della libertà, un’ applicazione interessante dalle intuizioni di Spinoza e di Nietzsche. Non desidero la cosa perché è buona ma la cosa è buona perché la desidero (Spinoza Eth.); di conseguenza, un affetto è impedito e tolto solo da un affetto contrario e più forte (ivi); di conseguenza, essendo la zona degli affetti perlopiù inconscia, come si pone, p. e., la discussione sul libero arbitrio? Siamo necessitati dalla nostra propria natura come dalla struttura della propria personalità psichica; ma, in ultima analisi, dall’inconscio e, a un altro livello, dai processi elettrochimici del cervello. Dunque, il pensiero di Spinoza rispetto alla libertà verrebbe confortato ancora dalle coincidenze con i risultati attuali delle neuroscienze (Cfr. Le scienze, 552, Milano 2014 (VIII), pp. 59-6): noi “non siamo gli autori intenzionali della nostra vita, ma siamo soltanto sospinti qua e là dagli eventi passati e dal funzionamento meccanico, dietro le quinte, delle nostra mente inconsapevole. Anche da svegli, il libero arbitrio è un’illusione.”): l’universo non consentirebbe il libero arbitrio! 
1.4 Il punto sul rapporto tra ragione ed emozioni. La disparità ragione/passioni come dominanza delle passioni e/o emozioni: la vita è prodotto della potenza delle emozioni. La razionalità è provincia dell’emozione ma in definitiva il dilemma razionale/irrazionale è un falso problema – meglio dire che abbiamo, infine, certezze emotive: la dizione certezze emotive supera il falso dilemma tra razionale e irrazionale. Psicologia filosofica e psicologie. L’etica delle emozioni è etica descrittiva; l’etica descrittiva e la questione della educabilità delle passioni o emozioni. L’etica è etica delle passioni: genitivo soggettivo, non oggettivo. 

2. Riformulazione - L’etica delle passioni come etica della relazione 
2.1 la relazione contraria è in esistenza: nel nostro mondo di vita essa domina ed è relazione di possibilità, rispetto a noi stessi, all’altro, alle cose, secondo l’antica definizione del Dell’interpretazione; in tal caso non si tratta di sottrarsi al divenire (impermanenza?) del mondo ma di ingaggiarsi ovvero di impegnarsi nel mondo; ciò vale per la maniera occidentale d’intendere e assimilati; 
2.2 la relazione contraddittoria definita secondo Metafisica (libro IV – Delta) e Dell’interpretazione ma anche secondo il lessico della Stoà (ma, nel nostro caso, contraddizione in esistenza: ovvero sentita tale) in cui entrambi i termini della contraddizione sono sentiti allo stesso tempo come veri e falsi (essenti e non essenti), è dunque in esistenza paradossale e traduce in questa descrizione il momento del dolore e del limite o dell’impossibilità. Ma dobbiamo fronteggiare tale presenza, perché c’è: nella vita ad impossibilia homo tenetur. 

3. potenza e limite dell’uomo: versioni della forza e ulteriore formulazione in termini qualitativi. 
3.1 La vita delle passioni per noi determina in esistenza il possibile e l’impossibile: dunque – della qualità delle passioni e dell’esistenza: Merleau-Ponty: ogni segno è in carne e ossa. Il fenomeno s’incarna (anche neurofenomenologia) e corpo/spirito sono successive astrazioni rispetto all’operazione primordiale di significazione che è questa, del senso incarnato. Attraverso eros come desiderio e amore diventa per noi possibile ogni investimento di senso, per cui esistono oggetti e mondo. Platone: il valore della manìa all’interno dell’intellettualismo platonico (Fedro). Eros ci dà le ali; - definizioni della forza: Aristotele (Etica Nicomachea III - Gamma: il coraggioso è in generale pieno di “ardire” (iniziativa) e all’opposto sa “sopportare le cose terribili”) e Tommaso. La definizione classica della forza: potenza è forza; forza dunque è intraprendere e sopportare , sempre in relazione; la nozione di virtù (forza in generale come virtù); Montaigne: passione=virtù; ma anche, la Bibbia e la fede come forza; il destino come differenza qualitativa tra le sorti degli uomini. 
3.2 Ancora sulle passioni e sul negativo dell’esistenza: il dolore come espressione dell’impotenza e dell’ impossibile – il paradosso in esistenza. Enigma, accecamento, infelicità e creatività. La risposta alla domanda etica è il compito umano: ricondurre l’avvertimento dell’impossibile alla disponibilità del possibile, nostro strumento e speranza per quanto concerne la possibilità della stessa libertà e della giustizia . Poiché l’uomo è nato per incominciare. 3.3 In tal modo la formulazione della domanda e della risposta in prima persona mi portano all’impegnativo onore del dialogo con i morti (dai filosofi dell’antichità ai moderni al Novecento) e con i viventi (coloro con i quali è dato dialogare) nella sempre vivente e personale/impersonale corrente dello spirito. Ma la corrente dello spirito non è quella della hegeliana razionalità assoluta né quella della cieca volontà di Schopenhauer bensì un misto di ciò che diciamo passioni e lògos, con prevalenza delle prime. Si potrebbe parafrasare o citare Hume quando saggiamente conclude (Storia naturale della religione): “Opponendo superstizione a superstizione, abbandoniamole tutte alle loro querele. Noi, mentre esse contendono e si infuriano, per fortuna possiamo rifugiarci nelle calme, quantunque oscure, regioni della filosofia”.

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